Essere sé stessi
Questi sono gli attimi in cui mi perdo, in cui penso che ci sia qualcosa o qualcuno più grande di me a cui affidare i miei pensieri, le mie paure, le mie insicurezze.
La tristezza, descritta più volte nei miei stati d’animo, talvolta lascia spazio all’arroganza di un sorriso, in cui sembro un bambino felice, che ancora non sa di come gira il mondo.
Vorrei riuscire nella mia missione e renderla pubblica o non dispiacermi quando non mi viene riconosciuto il merito o la mia disponibilità.
Eppure non taccio e manifesto anche con la chiusura la mia contrarietà alla maleducazione. Poi, però, penso che maleducati lo siamo un po’ tutti soprattutto quando calpestiamo e non accarezziamo ogni nostro singolo percorso. Quante occasioni sprechiamo solo perché non abbiamo il coraggio di dire “scusa”, “mi manchi” o ancora “ho sbagliato”, “ho bisogno di te”.
Facciamo pace. Con i nostri sensi, i nostri bisogni, le nostre relazioni e riproponiamo l’incontro.
Stare distanti ci sta solo rendendo più soli non più indipendenti e abbiamo tutti bisogno di un abbraccio.
E così, nei momenti di poca lucidità mi lascio andare ad un sogno, in cui tutto non è così complicato e le regole sono semplici rituali che aiutano le persone a convivere con gli altri. Nei momenti di totale sconforto invece mi perdo nel buio della mia angoscia in cui cerco sempre di fare, fare per sentirmi un supereroe, una stella, una memoria per le persone che sostengo. Poi mi guardo e dei giorni non riesco nemmeno a digerire il peso della mia inquietudine, a tal punto che metto in discussione tutto, persino ogni singola capacità che ho acquisito nel tempo. È una costante che mi accompagna da sempre e che a volte non mi fa chiudere occhio, nonostante manchi la luce e la ragione di vivere diventa la capacità di sopravvivere in una comunità in cui non sempre, sento di appartenere.
Sentire tutto e sempre non è mai stato facile, così come essere attenti a cogliere il vibrato, il significato che ognuno da alla propria vita e contemporaneamente restituire, con le parole, un senso e donare un po’ di calore o di luce, la stessa che troviamo quando volgiamo lo sguardo al cielo.
Ed è così che oggi, do un significato diverso al dolore. Domani, certo, potrei cambiarlo e tornare testardo e malinconico, ma non mi spaventa l’idea, anzi mi restituirebbe la pace di cui necessito quando alterno luce e buio.
Il dolore nelle sue sfumature rappresenta in questo momento un’opera in cui rispecchio il vissuto di una vita, lasciando a quella che mi resta da vivere, la spensieratezza che non ho vissuto quando avrei potuto perché resistente alla leggerezza dell’animo.
Così ho lasciato un ricordo che non ho ancora vissuto e che custodisco, in questo momento, segretamente per me, per sentirmi, ancora una volta unico e speciale e che sia fonte di luce e ispirazione per ognuno di voi: abbracciarsi e abbracciare.
In tutta sincerità, sciogliamo le complicazioni e rendiamo l’incontro più armonico.
Nell’attesa di poter avere tra le mani il mio secondo libro “Non c’è mai fine”, tornerò a scrivere, gioire, amare, litigare e pensare con le persone che incontrerò.
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